Una sirena a Buenos Aires


Siamo stati a Buenos Aires 4 giorni, di cui uno dedicato all’esplorazione di Tigre.

Buenos Aires è una città gigante, con ampi spazi pieni di verde, strade a senso unico a sei corsie, macchine e moto con relativo rumore, pieno di gente che fa attività sportiva, caldo, tanto caldo e vento.

Ma questo non vale nei giorni festivi: Buenos Aires si svuota. Le strade a sei corsie sono deserte. C’è silenzio ovunque.
Noi siamo arrivati nel giorno di una festa nazionale, non abbiamo capito quale, però in giro non c’era nessuno. Attraversare con il rosso una strada a sei corsie non succede tutti i giorni.
Abbiamo alloggiato in un ostello nel quartiere di Palermo, una zona tranquilla dove poter camminare serenamente anche la notte.
Non tutti i quartieri di Buenos Aires sono così.
Il nostro ostello nelle foto sembrava molto figo.
Sembrava.
Era praticamente un cantiere: ne hanno costruito un pezzo intorno a noi, durante il nostro soggiorno.
I ragazzi che lo gestiscono erano un po’ disorganizzati e ogni volta che tornavamo per dormire non riuscivano a trovare le nostre chiavi.
Ogni volta.
Però nell’ostello con noi c’era una sirena.
Ahimè non nella nostra stessa stanza.
Però tutti i giorni ha fatto colazione insieme a noi.
Il primo giorno, semplicemente, ha messo le cuffie e ha iniziato a ballare nel giardino.
Il secondo giorno mi ha parlato.
Ha iniziato un spagnolo, ma non ho capito. Poi è passata all’inglese.
“Il latte nel caffè è troppo freddo, non mi piace”. Annuisco.
“Io non so se mi sento superiore oppure se sono superiore alla gente”. Inarco un sopracciglio.
“Mi sembra che la gente intorno a me mangi la mia vita. Io non diversi essere qui, dovrei essere in un posto migliore di questo. È un fatto intellettuale”. Bevo il caffè e mugugno qualche che sa di approvazione
“Da dove vieni? Italia? Mi piace l’Italia, gli italiani originali soprattutto”. “Eh?” replico, con faccia intelligente.
“Intendo i romani, quelli prima di Cristo. Quelli si che vivevano bene”. Bevo il caffè.
“Gli italiani sono più passionali, pensano sempre al sesso. Io invece sono un po’ spagnola e un po’ greca”. Sta cercando di dirmi qualcosa?
“Ho chiamato mio figlio Sallustiano, in onore di Sallustio”. Tipico nome italiano, dopo Kevin e Chanel.
“Grazie che parli con me, a me piace parlare la mattina ma spesso la gente la mattina non vuole parlare”. Sto sillabando versi, non lo chiamerei parlare.
Si alza, sparisce, torna con un libro in mano.
“Io sono musulmana, mi piace leggere il Corano”. Ok.
“Qui nel Corani c’è scritto che io sono una sirena. Una sirena in fiamme, lxhkgjgclh”. Dopo ‘sirena in fiamme’ il mio cervello è andato in tilt e non sono più riuscito a seguirla, ma non credo che il Corano parli di sirene.
Arriva Tox.
“Tu sei come mio marito (a Tox), mentre tu come mio figlio (a me)”. Cioè?
Si alza ed esce dall’ostello.
Torna.
Si siede e inizia a lavorare con l’uncinetto.
Io e Tox ce ne andiamo.
Ho avuto risvegli meno traumatici, però posso dire di aver conosciuto una sirena. In fiamme.
Dopo questo incontro, per rilassarci un po’, siamo andati all’Ex ESMA, un centro dove, durante la dittatura in argentina, venivano imprigionati e torturati i dissidenti. E poi venivano fatti sparire. Definitivamente.
Ora il centro accoglie gli uffici di associazioni che lottano per portare alla luce tutto quello che è successo in quegli anni. Lottare per non dimenticare.
La giornata è finita nel museo di bene arti, per rilassarci un po’.
Il giorno dopo giro a Tigre.
Tutti consigliano di andare a Tigre: sia la guida, che le persone che abbiamo incontrato.
Bene, andiamo a Tigre, sarà fighissimo.
Tigre sorge alla foce del fiume Rio della Plata.
Sono stati costruiti canali artificiali per collegare il Rio della Plata con gli altri fiumiciattoli lí vicino.
Si sono quindi formate tante isolette.
Su queste isolette sono state costruite tante casette, palafitte.
Bene, non c’è altro.
Veramente, a Tigre non c’è altro.
Ci chiediamo ancora perché tutti ce lo hanno consigliato.
Vabbè.
Ora siamo diretti a Cordoba.
Siamo su un pullman di tipo Suite.
Costa caro. Un po’. L’ho scelto io perché non ho capito quello che mi ha detto la bigliettaia.
Ho detto si quando dovevo dire “Eh??”
Vabbè, pace.
Almeno ci hanno dato la cena e i sedili sono totalmente reclinabili.
Forse stanotte riusciamo a dormire.

..

.

Non abbiamo dormito un c… Niente.

 


Una risposta a “Una sirena a Buenos Aires”

  1. E bravo l’Ulisse Tanilo che resiste al canto delle sirene in modo alquanto originale rispondendo sempre: “Eh??”

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