Noio volevàm savuar…


Sul treno della speranza ho fatto viaggi più lunghi di 10 ore e non ho mai pensato di riuscire a fare viaggi più scomodi. Fino al volo Milano-Recife.

Sul volo della Meridiana abbiamo trovato sedili stretti e poco spazio per le gambe: chiaramente modellati sull’altezza media dei sardi. Ma né io né Tox rientriamo nell’altezza media sarda. Risultato: 10 ore di sofferenza.

Film trasmessi inguardabili. Musica con playlist di 10 canzoni che si sono ripetute all’infinito.

L’arrivo a Recife è stato una liberazione.

Ci aspettavamo controlli doganali lunghi, per sapere dove andavamo e quando saremo usciti dal Brasile (l’ambasciata ci ha confermato che È OBBLIGATORIO un biglietto di uscita), cosa portavamo… Niente di tutto questo: verifica del passaporto, timbro, ciao.

Tutto il tempo a cercare un biglietto per un pullman che facesse una tratta Brasile-NazioneDiversaDalBrasile è stato inutile.

Poco male, siamo finalmente entrati!

Certo, noi arrivavamo da Milano dove abbiamo lasciato la nebbia e abbiamo intenzione di andare fino in Terra del Fuoco, quindi siamo arrivati splendidi nei nostri vestiti pesanti… Sembravamo Totò e Peppino appena arrivati a Milano!

Ci diamo una sistemata e cerchiamo un mezzo per arrivare all’ostello.

Siamo arrivati a Recife alle 17 ed era buio pesto.

Taxi, taxi, taxi, donne, taxi, Uber… Ci è stato offerto tutto questo. Noi però abbiamo scelto il pullman, l’opzione più economica. Il problema era capire a quale fermata scendere.

Ho chiesto, in inglese, ad un ragazzo e questo gentilmente ha cercato di capire dove volevano andare e a quale fermata scendere. Ma non lo sapeva. Allora ha chiesto al bigliettaio del pullman, ma neanche questo sapeva niente. Questo movimento ha attirato l’attenzione degli altri passeggeri e subito è iniziata una discussione, in portoghese, per cercare di trovare una soluzione al nostro problema.

Saranno andati avanti 10 minuti scambiandosi pareri e suggerimenti, ma non si riusciva a trovare una soluzione. Altri si sono aggiunti. Il ragazzo a cui inizialmente ho chiesto informazione, va a tranquillizzare la sua ragazza che aveva abbandonato per aiutare noi.

Alla fine il congresso giunge ad un esito: vi diciamo noi quando scendere.

Bene, ci sediamo in attesa di un segnale.

Ci accorgiamo che con il GPS attivo e le mappe che avevamo precedentemente scaricato riusciamo a capire il percorso del pullman e quindi quando dovevano scendere. Non lo diciamo, visto il tempo che gli altri avevano passato cercando di aiutarci.

Finalmente ci dicono di scendere (coincideva con quello che vedevano noi sulla nostra mappa). Scendiamo, camminiamo verso la guest house.

Poca gente in giro.

Nella guest house sembriamo gli unici ospiti. Nessuno parla inglese.

Ceniamo con un panino e poi nanna. Qui sono le 22 ma In Italia sono le due di notte e noi siamo un po’ cotti.

Ci svegliamo alle 5 locali e aspettiamo nel letto fino alle 7 per fare colazione.

Mangiamo un bel po’, anche cose che non riuscivamo a riconoscere e poi iniziamo a girare la città.

Usciamo alle 9 circa e andiamo a vedere il mare. Spiaggia grandissima, mare mosso, nessuno in acqua, poca gente in spiaggia… Anche qui la gente di venerdì lavora.

Camminiamo sotto un sole fortissimo e sono solo le 9!

Con pullman e metro raggiungiamo il centro è riprendiamo a camminare.

Arriviamo al mercato di Sao Jose. Gente ovunque. Stradine strette, maleodoranti. Urla, rumori, spintoni… Un mercato vero.

Compriamo qualcosa per il viaggio e ci risiamo bevendo un caffè. La barista capisce che siamo italiani e ci dice che ha una sua amica a Siena ed è preoccupata per il terremoto. Una donna che era lì al bar sente il discorso e si inserisce dicendo che qui è più tranquillo ma fa molto caldo. Entrambe si meravigliano/schifano quando vedono che bevo il caffè amaro.

Se non faccio schifo a qualcuno non mi sento in viaggio.

Tutto questo è avvenuto parlando in PortoghesTalianPagnolo… Una lingua inventata sul momento. Però ci siamo capiti.

Alla fine del caffè e della chiacchierata sappiamo dire “comer pra encher a pança” che vuol dire “mangiare per riempirsi la pancia”. Anche Google traduttore non era d’accordo. Fa niente.

Riprendiamo a camminare… Siamo un po’ stanchini e decidiamo di prendere il pullman per tornare alla guesthouse.

Dopo un giro infinito (forse non abbiamo preso il pullman migliore) arriviamo a destinazione.

Siamo cotti, un po’ abbronzati.

Tuffo in piscina per riprendersi un po’. Doccia.

E ora dobbiamo riuscire a trovare le forze per andare a mangiare e non collassare sul letto.

 


5 risposte a “Noio volevàm savuar…”

  1. Non ti accorgi di quanto ti mancavano questi resoconti di viaggio fino a quando non le leggi un paio… Forza così… che qui è lunedì e si lavora, ma un modo per migliorare la giornata l’ho già trovato 😀

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