Fine del mon… no. Contrordine.


A El Chaltén ci siamo arrivati. Dopo aver preso un pulmino, una barca, 20 km a piedi, un’altra barca e un ultimo pulmino.

Tutto in un giorno.

Ovviamente la parte più difficile è stata farsi i 20 km a piedi, con lo zainone e lo zainetto.

Portarsi dietro tutta la roba non è piacevole.

Portarsi dietro tutta la roba e riuscire a saltare le pozzanghere create dalla pioggia della notte prima non pensavamo fosse possibile. Ma ci siamo riusciti.

Il premio è stato dormire nell’ostello più economico di El Chaltén. Zozzo, incasinati, non funzionante. Ma economico.

Il giorno dopo abbiamo cambiato. Meglio, anche se sembrava di essere a Tel Aviv per quanti israeliani c’erano.

A El Chaltén si va per andare a vedere il Fitz Roy.

Se cercate le foto si internet è figo.

Il trekking che si fa dalla città dura 4 ore e ti porta ad una laguna da dove si vede la cima del monte.

Se cercate le foto su internet è figo.

Se guardate le foto che abbiamo fatto io e Tox è tristissimo. Ci siamo svegliati alle 6, abbiamo fatto i 10 km per arrivare alla laguna, abbiamo affrontato pioggia e vento (e qua il vento tira forte) per essere premiati da una bella nuvolazza che ha coperto la montagna per tutta la giornata.

Ho mangiato il mio panino col salame vicino alla laguna, ho bestemmiato un po’ e poi siamo ritornati giù.

Abbiamo visto anche altre cose, come un ghiacciaio e un’altra laguna, ma siamo venuti a El Chaltén per il Fitz Roy. E quello non s’è fatto vedere.

Lo stronzo.

Ci siamo spostati poi a El Calafate per andare a vedere il ghiacciaio Perito Moreno.

Temevamo il brutto tempo, che ci ha un po’ perseguitati nel viaggio.

Il brutto tempo c’era, ma è stato ininfluente.

Il Perito Moreno è SPETTACOLARE!

Bisogna andare a vederlo prima che sparisca, sciolto dall’aumento delle temperature del globo.

Un mostro di ghiaccio che arriva anche a 70 metri di altezza sul livello del lago.

Ti senti piccolo lì a guardarlo.

Ti perdi nel blu che emerge dalle celle del ghiaccio. Un blu così blu che prima non l’avevi mai visto.

Ti fai rapire dal ghiaccio che si spezza e cade, creando un boato che rompe il silenzio.

Silenzio che è rotto dal ghiaccio o dal numero impressionante di italiani che sono lì.

In tre mesi avremmo incontrato di e no 2 italiani. Tra El Chaltén e El Calafate ci sembrava di essere in qualche piazza italiana.

Dopo El Calafate siamo andati a Punta Arenas, sempre più giù, e da lì ad Ushuaia.

No. Adiciona Ushuaia no.

Noi ci volevamo andare, arrivare alla città più a sud del mondo (anche se c’è Puerto Williams più a sud, ma nessuno se la caga).

Però abbiamo visto i prezzi dei per arrivare fin lì e andarsene, i prezzi degli ostelli, ci siamo guardati e ci siamo detti: “Sai che c’è? Ushuaia ciaone! Ce ne torniamo al nord!”

Coi soldi che avremmo speso lì in un paio di giorni possiamo stare in Perù un mese (più o meno).

Quindi siamo saliti su un aereo che da Punta Arenas ci ha riportati a Santiago.

Rimaniamo qui un paio di giorni a riposarci e poi ci muoviamo verso il nord del Cile.

Verso il deserto di Atacama.

 

 

 


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